Opinioni
William Domenichini  

Quando la confusione è tanta sotto il cielo

Quando la confusione è tanta sotto il cielo, per l’informazione del mainstream la situazione appare eccellente. Ridere delle giravolte di chi confonde un ufficio stampa con la professione di giornalista? O commiserare la nostra condizione, investiti da un’interrotto fiume di informazioni? Un volume tale da dar l’idea di libertà, ma che nella sostanza parla lingue omologhe, quasi indistinguibili l’una all’altra.

Tempo addietro ho riportato il pezzo con cui Seymour Hersh ha narrato le cause dell’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi. Il mio intento non era trovare la verità. Non perché penso che abbiamo bisogno di un oracolo, ma semplicemente perché quell’articolo faceva riflettere, in questo mare di ridicolaggine.

Viviamo in questo flusso vorticoso di informazioni, assai spesso di contorno non di sostanza. Un rumore di fondo che riesce efficacemente a polarizzare l’opinione pubblica, rendendo le zone intermedie, interpretazioni diverse, valutazioni che colgono più sfumature diventano eresie. In questo contesto è raro leggere inchieste senza che queste ci cuciano addosso una verità in cui speriamo. Hersh ha avuto il merito di svegliare le nostre sinapsi rispetto a narrazioni che, oggettivamente, hanno il gusto del ridicolo.

Antefatto

Ora, dopo il pezzo di Hersh, pubblicato peraltro sulla sua pagina Substack, un altro fulmine a ciel sereno ci coglie, questa volta dal New York Time. Intelligence suggests pro-ukrainian group sabotaged pipelines, U.S. officials say (L’intelligence suggerisce che un gruppo filo-ucraino abbia sabotato gli oleodotti, affermano funzionari statunitensi). Il pezzo fa il giro del mondo in men che non si dica, le agenzie impazziscono, le redazione brulicano.

Non manca, per esempio, il contributo investigativo di David Puente, smontato a suo tempo, in modo mirabile, da Giuliano Marrucci (Ottolina TV). Puente, fine penna d’assalto e soprattutto certificatore di fatti, dopo essersi lanciato in uno sconcertante sbugiardamento di un collega insignito del Pulizer e di svariati riconoscimenti, inizia labilmente a far marcia indietro, ma a differenza di Hersh, le sue rettifiche sono ben più sobrie rispetto alle 25.000 battute e decisamente meno mirabili sotto il profilo giornalistico. Tant’è che l’enfasi che pone è sul fatto che gli stessi autori del NYT affermano che non ci sono ancora prove da poter analizzare. Tocca riscomodare uno dei più grandi poeti della storia della letteratura: non so se il riso o la pietà prevale.

L’inchiesta del NYT

Secondo le informazioni raccolte nell’inchiesta giornalistica, gli inquirenti hanno individuato nello yacht noleggiato da una società con sede in Polonia appartenente a due ucraini l’imbarcazione che ha compiuto il doppio sabotaggio. Il gruppo a bordo dello yacht era composto da un capitano, due sommozzatori, due assistenti subacquei e un medico. Non è nota però la nazionalità, perché i presunti autori hanno utilizzato passaporti falsi. Si suppongono oppositori del presidente russo Putin di nazionalità ucraina e, forse, anche russa. Non sarebbero invece coinvolti inglesi e statunitensi e sembrerebbe assodato che non vi sia un coinvolgimento del governo russo.

Un passo avanti, se pensiamo che Tonia Mastrobuoni, giornalista di Repubblica, il 20 settembre 2022, ne era pressoché certa, riportando che il governo tedesco, che non formulava ancora ipotesi sulla possibile fonte degli attacchi, ma fosse convinto che il sabotatore potesse essere “soltanto uno Stato”. E fin qui, come dargli torto, ma l’occhiello occhieggiava: “Navi di Mosca vicino al gasdotto”. E qualche acuto osservatore potrebbe chiosare: se le hanno avvistate dopo l’esplosione parrebbe normale, è il loro gasdotto. Ma come dargli torto, un minuto dopo che il metano fuoriusciva nel mar baltico le agenzie battevano in un sol coro che Polonia e Ucraina accusavano immediatamente  la Russia di aver piazzato gli esplosivi, ma senza offrire alcuna prova.

L’eco mediatico

La pista che porta a un gruppo ucraino, autore del botto, viene suggerita anche da un’inchiesta realizzata da ben tre autorevoli testate tedesche: le tv pubbliche ARD ed SWR ed il quotidiano Die Zeit. Secondo i tedeschi gli inquirenti sono riusciti a identificare l’imbarcazione che sarebbe stata utilizzata per l’operazione segreta. Tuttavia, una volta restituito al proprietario, dalle indagini sono emerse tracce di esplosivo sul tavolo in una cabina. Dilettanti.

Riavvolgiamo il nastro e torniamo all’inchiesta newyorkese. Prima che la questione sfugga di mano, l’articolo sottolinea che non vi sono prove che Zelensky, o i suoi principali luogotenenti, fossero coinvolti nell’operazione, e men che meno che gli autori dell’attentato stessero agendo sotto la direzione di funzionari del governo ucraino. A comprova, un tweet di uno dei principali collaboratori del presidente ucraino, tal Mykhailo Podolyak.

Tuttavia parrebbe che i funzionari statunitensi che hanno passato le informazioni siano divisi su quanto peso dare alle nuove informazioni. Tutti hanno parlato a condizione di anonimato per discutere di intelligence classificata e questioni di diplomazia sensibile. Curioso che fact checker imputassero ad Hersh il ricorso a fonti anonime. Ma andiamo avanti.

Conseguenze

Asserire che dietro ad un atto di guerra vi fosse la nazione invasa potrebbe far rientrare la questione sul un piano conflittuale in atto, salvo ricordarsi che tra le “vittime” del sabotaggio c’è la Germania (e non solo), andando a minare non solo il gasdotto ma anche il sostegno tedesco sul piano militare, che hanno ingoiato già altri rospi, come per l’appunto gli alti prezzi dell’energia in nome della solidarietà. Ma qui gli autori (Adam Entous, Julian Barnes e Adam Goldman) si lasciano andare a riflessioni che aiutano a capire il quadro complessivo, o almeno a tratteggiarne i profili, per quanto difficilmente sfocati.

Nonostante la profonda dipendenza dell’Ucraina dagli Stati Uniti, per il sostegno militare, di intelligence e diplomatico, i funzionari ucraini non sono sempre trasparenti con le loro controparti americane sulle loro operazioni militari, in particolare quelle contro obiettivi russi dietro le linee nemiche. Queste operazioni hanno frustrato i funzionari statunitensi, che credono di non aver migliorato in modo misurabile la posizione dell’Ucraina sul campo di battaglia, ma hanno rischiato di alienarsi gli alleati europei e ampliare la guerra.

Quando la confusione è tanta sotto il cielo

Cosa avrebbe fatto innervosito gli Stati Uniti? L’articolo lo elenca: dall’attacco all’inizio di agosto alla base aerea russa di Saki (Crimea) al camion bomba in ottobre che ha distrutto parte del ponte sullo stretto di Kerch, passando per i droni a dicembre mirati alle basi militari russe a Ryazan ed Engels, circa 300 miglia oltre il confine ucraino.

Le fonti dell’articolo sostengono che il nuovo rapporto di intelligence ha aumentato il loro ottimismo sul fatto che le agenzie di spionaggio americane e i loro partner europei possano trovare maggiori informazioni sull’accaduto, il che potrebbe consentire loro di raggiungere una conclusione definitiva sugli autori. Non è chiaro quanto tempo richiederà questo processo. Le stesse fonti riportano che le informazioni sono state discusse con le loro controparti europee, che hanno preso l’iniziativa nelle indagini sull’attacco. Una portavoce della CIA ha rifiutato di commentare. Un portavoce del Consiglio di sicurezza nazionale della Casa Bianca ha inviato domande sui gasdotti alle autorità europee, che hanno condotto le proprie indagini.

Un’inchiesta internazionale?

Già le indagini. Ora se Hersh avesse colto nel segno (e non è detto che sia così) sarebbe curioso che chi, in via cautelativa, ha addosso sospetti di esser parte del sabotaggio fosse anche il principale promotore delle indagini. Ciò che invece fa pensare, è che se Hersh non avesse pubblicato la sua inchiesta, probabilmente non sarebbe sbucato questo seconda, che non chiarisce in realtà molto, ma dipana i dubbi, almeno quelli che sanità mentale avrebbe già sgombrato ma che nel mainstream sembrano esser vere e proprio distrazioni di massa.

E il Cremlino? Dopo la pubblicazione di questo rapporto, la Russia lamenta che sia stato impedito di prendere parte alle indagini.

Le recenti informazioni dei media occidentali sugli incidenti del Nord Stream sono un tentativo di distogliere l’attenzione da ciò che è realmente accaduto, ha detto il primo vice rappresentante permanente alle Nazioni Unite Dmitry Polyansky in un’intervista a The Dive, il quale racconta chiaramente quali siano i prossimi passi:

Il voto sulla risoluzione su un’indagine internazionale, sugli atti di sabotaggio nei gasdotti Nord Stream, si terrà presso il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite molto probabilmente alla fine di marzo, anche se il lavoro sull’approvazione preliminare del testo non sta procedendo molto bene. Quindi siamo pazienti. Abbiamo condotto tre cicli di consultazioni di esperti, ma a un certo punto, probabilmente entro la fine di marzo, metteremo ai voti questo testo. E non sarei sorpreso se i paesi occidentali cercassero di fingere che questo sia eccessivo, non ne abbiamo bisogno, le informazioni non sono affidabili e così via. Sai come applicano due pesi e due misure nella situazione in cui questo non è a loro favore.

A breve, la Russia renderà note, ai membri del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, le comunicazioni intercorse con Germania, Danimarca e Svezia sulle indagini relative agli incidenti del Nord Stream, ha dichiarato Dmitry Polyansky, Rappresentante permanente russo presso le Nazioni Unite.

Ho la netta sensazione che non finisca qui.


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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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