La velina dal lungotevere delle Navi
La notizia sulla missione militare, pagata dal contribuente italiano, come una velina balza dagli uffici stampa dal lungotevere delle Navi a tutte le agenzie, testate, siti specializzati. Il 15 luglio l’unità FREMM Antonio Marceglia (F 597) molla gli ormeggi dal molo Varicella e salpa dall’Arsenale spezzino (futura base blu della NATO). La prua della fregata missilistica multiruolo punta il mar Baltico. Obiettivo, sostituire la cacciatorpediniere lanciamissili Caio Duilio (D 554), attesa sul molo patrio. Ma che ci fanno le unità navali della Marina militare italiana in quel lembo di acque del nord?
Ce lo spiega direttamente l’ufficio stampa della forza armata italiana. L’obiettivo delle unità navali tricolori è “continuare il pattugliamento delle acque del Mar Baltico garantendo la difesa aerea di alcune infrastrutture energetiche sensibili“. Un refrain già sentito in occasione dell’Operazione Gabinia e non solo. Ma le notizie provenienti dal Lungotevere delle Navi non si fermano a refrain. La nota conclude con l’obiettivo a contribuire “attivamente al mantenimento di una cornice di sicurezza e alla stabilità internazionale, dimostrando ancora una volta le efficaci capacità esprimibili dalla Marina Militare nel cosiddetto Mediterraneo Allargato“.
Detta così, per chi avesse mai letto una volta nella sua vita un Documento Programmatico della Difesa, tutto torna. Da anni, che i ministri siano La Russa o Trenta, Pinotti o De Paoli, Guerini o Crosetto,come impiegare le forze armate è trasversalismo. Messo in pensione lo strumento di difesa, ora tutelano gli interessi strategici. Un mantra che andrebbe declinato, sul sottile confine che c’è tra l’interesse di un popolo e quelli di un’azienda multinazionale. Al tempo stesso sfugge, al comune ed inerme cittadino contribuente, come il concetto di Mediterraneo allargato possa comprendere, niente di meno che un mare su cui si affacciano Danimarca, Svezia, Germania, Polonia, i cosiddetti paesi baltici (ça va sans dire) e Russia. Proviamo a capirci qualcosa.
2022. Dicembre. La Norddeutscher Rundfunk da notizia che l’unità Mosel salpa dal porto di Kiel verso l’Estonia. A bordo porta con se uno staff NATO multinazionale, oltre al comandante estone della manovra NATO “Brilliant Shield“. Il comdo della Mosel ha gestito sei unità NATO: Sulzbach Rosenberg (Germania), Admiral Cowan (Estonia), Southern Cross (Francia), Makkum e Schiedam (Paesi Bassi). Un’operazione in seno ad una più ampio piano di un’organizzazione del patto atlantico: “Very High Readiness Joint Task Force” (VJTF). Un passo indietro. 2014, crisi della Crimea. Il Patto Atlantico decide, nel nuovo Readiness Action Plan, di potenziare la NATO Response Force (NRF).Un’unità interforze di rapidissima reazione, appunto la VJTF, detta spearhead force o punta di lancia. La struttura, di colpo, passa da 25 000 a 40 000 militari effettivi, multinazionali: un brigata di terra (5 000 militari), forze marittime, aeree e speciali ed altre due brigate di rinforzo in stand-by.
2023. Luglio. La fregata Mecklenburg-Vorpommern, in forze al VJTF, rientra al porto di Wilhelmshaven dopo sei mesi di operazioni ed esercitazioni multinazionali nel Mare del Nord. Tali operazioni sono state condotte insieme al gruppo di portaerei della portaerei americana USS Gerald Ford. L’unità tedesca ha assunto la guida del VJTF come nave ammiraglia e piattaforma di comando dell’ammiraglio della flottiglia Thorsten Marx e dello staff del Task Group 441.01 del VJTF.
Il ministero della difesa danese, diretto dal ministro Jakob Ellemann-Jensen (Venstre), è assai più prolifico di informazioni. La fregata HDMS Niels Juel è schierata nel Task Group 441.01e. Con il dispiegamento della Niels Juel, la Danimarca starebbe contribuendo alla maggiore prontezza della NATO, in risposta all’attacco della Russia all’Ucraina ed al tono aggressivo russo nei confronti dei suoi vicini europei. Il dispiegamento della nave da guerra danese aiuterebbe a garantire le forze necessarie per dissuadere potenziali nemici dall’attaccare la Danimarca o altri paesi della NATO e, se necessario, difendere il territorio della NATO. Un obbiettivo piuttosto chiaro, ma con un mandato democratico, per così dire. Il dispiegamento danese al Task Group 441.01 è votato dal parlamento con l’atto B.127 del 24 febbraio 2022.
Il ministero della difesa iberico, diretto dalla ministra María Margarita Robles Fernández (PSEO), comunica che la fregata Álvaro de Bazán, dopo più di quattro mesi dispiegata nell’operazione Brilliant Shield come parte del Task Group 441.01, rientra al porto di Ferrol. L’unità spagnola si unì alla Standing NATO Maritime Grouping 1 (SNMG1) della NATO, che attualmente alimenta il già citato TG 441.01 e costituisce il nucleo della forza marittima ad altissima prontezza della NATO (VJTF-M).
Provate a cercare un mandato parlamentare italiano specifico per un’operazione del genere. Buona fortuna. Così ci pensa la velina dal lungotevere delle Navi. Tant’è che l’operazione Brilliant Shield non compare ufficialmente sugli organi della Marina militare, men che meno nel Ministero della Difesa. La partecipazione dell’Italia al Task Group 441.01 non è esplicitata chiaramente, salvo una vaga definizione della partecipazione allo Standing Nato Maritime Group 2. Anche dal dicastero di via XX settembre non si sprecano in informazioni, battuti dagli alleati su tutto il fronte. Tuttavia, la velina del nucleo di pubblica informazione della Marina militare, dal quale “sentono fortemente il bisogno di comunicare efficacemente con il pubblico per raccontarsi, con chiarezza e trasparenza“, narrano la “difesa aerea di alcune infrastrutture energetiche sensibili“. Di sensibile da quelle parti c’era il Nord Stream, ma è già stato tolto di mezzo e, ad oggi, non si sa bene da chi.
Mentre il Task Group 441.01 costituisce una delle quattro forze navali della NATO, in stato di massima allerta, varrebbe la pena porsi qualche domanda sulla totale assenza di trasparenza, in relazione alla partecipazione dei reparti militari italiani a queste operazioni. Basta un comunicato velina emesso dagli uffici del lungotevere delle Navi? Varrebbe la pena porsi qualche domanda sull’opportunità di spendere 384 milioni di euro per adeguare una base navale (La Spezia) agli standard NATO. Varrebbe la pena chiedersi come si vive in una città che è base per unità navali che partecipano a questo tipo di operazioni.
Uno spunto per giornalisti, ma soprattutto per deputati e senatori volenterosi. Visti i tempi che corrono…