Basi blu, ce n'est qu'un début
Il golfo ai poeti Libri Opinioni
William Domenichini  

Basi blu, ce n’est qu’un début

Ce ne pas qu’un debut, la prima discussione istituzionale su Basi blu è avvenuta in consiglio comunale alla Spezia il 26 giugno 2023. Un progetto di 384 milioni di euro, per adeguare agli standard NATO una base navale che è all’interno di una città, approda per la prima volta in un’aula pubblica. Non male per un iter che è in essere dal 2019. Un risultato frutto di un lavoro prezioso, condotto da LeAli in questi anni, il cui ultimo passaggio è stato la tavola rotonda sulle aree militare e che arriva alla richiesta di un consiglio comunale straordinario, accompagnato dalla redazione di un ordine del giorno. Ma, nonostante i tentavi di aprire una discussione, la fotografia che ne suscita è assai semplice. Da una parte una proposta di trasparenza, dall’altra una valanga di retorica.

Tanta superficialità, che merita una nota di citazione, come quella espressa dal consigliere di (presunta) opposizione Franco Vaira. Forse non potendo sostenere esplicitamente la sua approvazione a Basi blu, si pone domande, tanto retoriche quanto prive di sostanza. Il consiglio comunale ritiene che la presenza alla Spezia della Marina militare sia da difendere o no? Del resto, il suo gruppo politico, Avantinsieme, l’ha preceduto asserendo che Basi blu è “un’ottima opportunità per la città e il territorio che non va sprecata“. Al consigliere Vaira, che forse non ha avuto molto tempo per approfondire il tema, va ricordato che il Parlamento non ha mai votato alcun atto deliberativo su Basi blu. Allo stesso modo non c’è nessun atto governativo in merito. L’unico atto di un’istituzione democratica relativo a questo progetto fu il suo finanziamento del programma nazionale, votato nelle leggi di bilancio 2017/2018. Poi nessuno ha più avuto tracce.

Alla superficialità si è accompagnato anche qualche tratto comico. Come chi, in un lapsus, confonde Basi blu con baia blu, nota spiaggia balneare lericina. Così come non è mancata la banalità: l’Arsenale c’è da 150 anni, ma casa vogliamo fare? Come a dire che se un problema è radicato nella storia di una comunità, bisogna tenerselo. Ciò che sconcerta è che chi ha fugato il confronto su Basi blu lo ha fatto anche sulle molteplici criticità legate alla salubrità delle comunità limitrofe, o alla necessità riorganizzativa di aree pressoché abbandonate. Tutto condito da una sana inerzia rispetto alla realtà che vive un’ex fabbrica come l’Arsenale, ossia la sua chiusura.

Già, perché le scelte che si stanno consumando, senza che la politica locale alzi un dito, sono quelle di privatizzare tutto il privatizzabile. In questo senso, la speranza nel dialogo con il ministro Crosetto assume tinte assai preoccupanti. Ma un passo alla volta.

Non  mancano le litanie tanto trite e ritrite quanto false, come quella che sostiene che La Spezia sia nata dall’intuizione di Cavour e dal suo braccio operativo (il maggiore del genio militare, Domenico Chiodo) nel trasformare il golfo dei poeti in una piazzaforte militare. Per far questo, gli smemorati dovrebbero ritornare alle fonti storiche (magari quelle sprugoline, così che fa tanto padroni a casa propria), che dimostrano come la città era in pieno fermento, culturale ed economico, quando i distaccamenti militari sollecitavano il governo sabaudo ad intervenire, per cogliere l’occasione di trasformare il golfo in una fortezza.

Per farlo, mentre sorgevano teatri, biblioteche, alberghi, mentre fiorivano attività commerciali e culturali, con intellettuali di mezzo mondo incantati dalla bellezza del golfo spezzino, il “piccolo” Lamarmora scriveva al governo che La Spezia era un maleodorante e malsano borgo di pescatori, proprio come il consigliere comunale Peserico. Un wishful thinking ante litteram,  per sostenere che fosse opportuno, anzi necessario, intervenire con la realizzazione di un Arsenale, giustificandone lo spostamento da Genova alla Spezia. Si guardi il caso, Lamarmora jr fu Membro della Commissione incaricata dell’esame del progetto di legge pel trasferimento della marina militare. Litanie per litanie, una menzione speciale per il consigliere Matteo Basso, il quale asserisce che, per essere pragmatico, la questione dell’Arsenale esula le competenze del comune. Quindi un suggerimento, se non conosce le prerogative di chi amministra, in termini di salute pubblica e di pianificazione territoriale, prenda in considerazione le dimissioni.

Gli interventi che, legittimamente, ritengono indiscutibili le aree militari e le servitù che ne derivano, assumono i toni sconcertanti di chi si aggrappa agli specchi. La negazione, anzi l’ignoranza di tutte quelle criticità ambientali che siti del genere hanno espresso in 150 anni. Figurarsi se qualcuno si ponga la questione di quanto costi e come vengano spesi i soldi dei contribuenti in tal senso. C’è chi sostiene che la presenza militare abbia salvaguardato le aree occupate. Basta pensare allo stato di inquinamento dei fondali, dalla quantità di amianto presente, alla discarica di sostanze tossiche a poche decine di metri dalle abitazioni, e via discorrendo. Il perpetrare l’ipocrisia che trasuda dal progetto stesso di Basi blu: confondere il ruolo occupazionale che ha avuto l’Arsenale nella storia della città, e che oggi è ridotto al nulla, dimenticandosi che con quei 384 milioni di euro non si creerà alcun posto di lavoro.

Nelle dinamiche politiche di un consiglio comunale c’è chi ha chiesto di aprire una discussione, ampia, approfondita, non banale. Ma come si suol dire carta canta. La minoranza ha presentato un ordine del giorno, uno l’ha presentato il consigliere Vaira e la maggioranza un altro. Si passa alla votazione e la montagna partorisce il topolino. Al di là della sintassi farraginosa, emergono non pochi sono i dubbi sulla concretezza di un’amministrazione, relativamente alla questione Basi blu:

Il consiglio comunale impegna il sindaco a proseguire nella direzione intrapresa per garantire un rapporto di confronto diretto con il Ministro della Difesa, gli organi di governo competenti, i vertici delle forze armate, mantenendo un contatto istituzionale diretto e costante tra l’amministrazione comunale e lo stesso ministro della difesa, al fine di sviluppare un’azione politica di coordinamento tra le istanze del territorio, le necessità delle forze armate, dell’industria della difesa e gli enti interessati, al fine di garantire sviluppo tecnologico, opportunità occupazionali, mantenimento degli standard di riferimento per il comparto produttivo e razionalizzazione degli spazi interessati dai procedimenti in corso al fine di loro utilizzo per finalità pubbliche.

Evidentemente, se fino ad oggi non c’è stata alcuna discussione pubblica su Basi blu non ha suscitato particolare sdegno nella maggioranza che amministra la città. E qui sta il punto sul quale è porre attenzione. Fino ad oggi una comunità a subito scelte esterne, che incidono pesantemente sulla vita quotidiana. Questo cortocircuito va disinnescato, così come la retorica e l’ipocrisia che lo sostiene. Perché risulta difficile arrendersi a tutto questo, come sottolinea l’espressione attenta del sindaco durante il dibattito. Si accettano scommesse: Facebook o Instagram?

Badate che per chi non sa la storia di Basi blu, ce la racconta il sindaco Peracchini, bontà sua. Tant’è che nel suo brevissimo intervento, l’unico elemento di rilievo è che Basi blu è stata voluta dal centrosinistra, cosa ci può fare lui? Mica è sindaco della città. In pochi minuti esegue un’esercizio di rara pregevolezza retorica. Con lo scaricabarile, ignorando che i documenti programmatici del ministero della Difesa sono pressochè gli stessi da 25 anni a questa parte, a prescindere da che colore politico riveste il ministro di turno. Poi nel dire tutto ed il contrario di tutto, in modo da non collocarlo in una posizione chiara.

Il sindaco potrebbe di esser sfavorevole a Basi blu e si attiverà per metterla in discussione, o quantomeno chiedere di modificare un progetto che, così com’è, penalizzerà la città che amministra per i prossimi 50 anni? Anche lui vorrebbe un paradiso terrestre, senza militari e muri, ma non ci può fare nulla se la realtà è fatta di stenti e privazioni. Insomma, dato un problema, il sindaco Peracchini, una volta terminato di controllare i suoi canali social, la butta in caciara, senza assumersi un impegno concreto, senza porre una soluzione ad un problema, anche quando la questione rientra nelle sue prerogative istituzionali. Anzi, votando esattamente contro a tutto ciò, come sottolineato nell’intervento del consigliere Roberto Centi, primo firmatario dell’ordine del giorno, perno della richiesta di consiglio straordinario.

Davvero il  sindaco Peracchini (e la sua maggioranza) pensa che la questione si risolverà con le sue chiusure? Ritiene seriamente che sia accettabile negare un processeo di trasparenza in una vicenda già di per se avvolta nel buio più profondo? Forse sarebbe bene che qualcuno gli spieghi che c’è una parte di comunità che ritiene sia superata da tempo la dinamica feudale. C’è ne pas qu’un debut.


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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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