Io so
Opinioni
William Domenichini  

Io so

Io so di Pitelli, del Campo in ferro. Sapevo delle 5 Terre, del porto. Io so di Portovenere e Palmaria, del Biodigestore. So anche dei moli dell’Arsenale. Il paragone è ardito, se non altro perché non occorre scomodare Pasolini per sapere. Ma il punto è che non serviva nemmeno un terremoto giudiziario per saperlo. Bastava guardarsi intorno. Ma dire come stanno le cose, oggi, tutto ciò che accade e si legge, assume una dimensione diversa.

Prima questione. La densità. Al di là della collocazione geografica e delle vicende giudiziarie, che fa della Spezia una provincia ad alta densità di scandali, va registrato un dato. Nel tempo, il territorio spezzino, mantiene un gruppo dirigente di altissimo livello, che, ciclicamente produce questo tipo di intrattenimento. La vicenda totiana, nei suoi primi vagiti, mostra chi è già pronto a trarne un beneficio elettorale. Beninteso che non c’è nulla di male, ma avrà fatto i conti reali con la realtà? Quel che è rilevante, invece è che esiste chi, con la schiena dritta, sapeva, descriveva e, in una giusta sorta di riscatto, scrive: ve l’avevo detto.

Seconda questione. Le reazioni. “Queste vicende fanno male al territorio“. E se a far male al territorio fosse chi avrebbe agito con spregiudicatezza (per usare un eufemismo)? Qui entriamo in una sorta di colpo di coda. Messi alle corde, l’unica carta da giocare è quella che fu vincente nella propaganda. Sarà vera gloria? Non so se toccherà ai posteri l’ardua sentenza, tuttavia appare come il canto del cigno. Quello di un sistema dove la clientela è l’humus su cui si fonda il sistema feudale. Il re, ed i suoi valvassori, scrollando la tovaglia beneficiano i loro cortigiani. Talvolta qualche brandello arriva ai servi della gleba, ma se non arriva, poco importa.

Terza questione. L’impatto. La maggior parte degli “scandali” giudiziari spezzini (o liguri se preferite) hanno un impatto sulla salute della gente. O meglio, trattano di questioni che, in un modo o nell’altro, hanno pesato sulla comunità, sulla sua salubrità. Allora perché nessuno a mai messo in atto un’indagine epidemiologica seria ed estesa sull’impatto di certi scandali sulla salute della gente? Se fosse possibile andare oltre all’incidenze tumorali e quant’altro, c’è un impatto che non ha cura: la distruzione del bene comune. Non vi fate prendere dal fervore ideologico, non si tratta di qualcosa di müntzeriana memoria. Stiamo parlando della vivibilità dei luoghi in cui viviamo, lavoriamo, soffriamo, gioiamo, amiamo. Luoghi che, l’ideologia merceologica, ha reso moneta di scambio, laddove sussistono vite.

Quarta questione. Il riscatto. Cosa ci fosse sepolto nella discarica di Pitelli lo sapevano, e lo sanno, anche i sassi. Come fosse gestito il parco delle 5 terre, al netto del marketing, tanto in modo faraonico o senatoriale, lo sapevano anche le viti dello Sciacchetrà. Quale aria tirasse nel porto spezzino, ne erano consapevoli anche le brezze marine e chi faceva finta di opporsi ad un sistema. Cosa accade nell’Arsenale, da 80 anni, lo sanno anche le pietre del muro che lo circonda. Tanto per la Palmaria quanto per il biodigestore di Saliceti, non sono questioni da meno. Entrambe le vicende hanno visto nascere comitati di protesta, per nulla marginali sotto il profilo sociale, contro delle scelte sbagliate e che hanno continuato a proporre alternative compatibili.

Dunque chi si meraviglia, oggi. o è in malafede, o è senza memoria, oppure è atterrato da un’astronave, trovandosi un mondo governato da scimmie.

3 ottobre 2018. Da un’inchiesta giornalistica emerse già qualche dato che non abbiamo evidentemente valutato abbastanza attentamente. Chi ha tirato fuori i soldi, prima o poi avrebbe chiesto conto del suo mecenatismo? Per gli sbadati, Change è (art.3 dell’atto costitutivo) un comitato creato con lo scopo di raccogliere i fondi necessari per la creazione della fondazione Change. La Fondazione si prefigge il perseguimento di finalità culturali, sociali, politiche, di pubblico interesse in campo locale, nazionale ed internazionale.

L’inchiesta si poneva anche una domanda: “a chi sono andati i soldi di Change?” Fatta la domanda, si trova anche la risposta, nei documenti: “La maggior parte delle donazioni (173mila euro) sono andate sui conti personali di Toti. […] Poi ci sono Pierluigi Peracchini, eletto a La Spezia (a lui vanno 67.500 euro)“. Per quanto riguarda il primo cittadino spezzino, siamo pratici. Se qualcuno avrà l’ardire di chiedere un commento sui suoi finanziamenti elettorali, potrebbe dare una risposta languida come nel caso del vaccino al figlio, o peggio sulla condanna per danno erariale della sua vice, Maria Grazia Frijia.

Questi aspetti infondono un ottimismo latente, nel pensare che, in media, la comunità spezzina è più capace, generalmente, del gruppo dirigente che dovrebbe rappresentarla. Peccato che quando si tratta di votare (o forse sarebbe meglio dire di confrontarsi al mercato del voto) sembrerebbe che le parti siano invertite. Non si tratta di “superiorità” morale, ma di un dato di fatto. La protesta (e le innumerevoli proposte) dimostrano una civiltà che non è rappresentata da chi governa. Ne è conferma le reazioni “politiche”. Vediamo, attendiamo, staremo a vedere, non c’è nulla da commentare. Sono vagiti di insabbiamento, perché si sa che la memoria, in questo paese, è corta. Ma si potrebbe incontrare chi, di tanto in tanto, rispolvera qualche archivio.

All’ottimismo della volontà, sembra contrapporsi il pessimismo della ragione, intesa nella sua componente razionale. Quel “è tutto mio” dell’ex sindaco Cozzani, rappresenta un’icona degenerativa, una deriva già nota ed assaporata con il sistema faraonico, poco più distante. Un sistema feudale dove chi vince le elezioni fa quel che vuole, perché vincente. Una degenerazione della cosiddetta democrazia, nella quale ogni pensiero critico o ogni forma di dissidenza è letta come speculativa, intralciante, insopportabile. Non nasce dal nulla, ma dalla visione in cui prevale il “governo” rispetto al “confronto”. L’elezione diretta dei sindaci continua nella sua pervicace dimostrazione del suo fallimento, culturale, politico e democratico. Il contrappeso al potere esecutivo non è più la rappresentanza democratica (i consigli comunali sono divenuti simulacri calpestati e vilipesi ad ogni seduta) ma la magistratura.

La democrazia costa fatica. Delegare e rendere onnipotenti, in nome di eventuali clientele e favoritismi, porta, ciclicamente, a far i conti con ordinanze giudiziarie sempre più devastanti, sotto il profilo morale. E’ bello pensare che i nodi vengano al pettine, tuttavia, se le questioni di fondo non verranno affrontate, chiuso un capitolo il rischio di aprirne un altro, assume i contorni della certezza. O se preferite, di un’alta probabilità.

Thomas Müntzer Guarda, i signori e i prìncipi che sono l’origine di ogni usura, d’ogni ladrocinio e rapina. Essi si appropriano di tutte le creature: dei pesci dell’acqua, degli uccelli dell’aria, degli alberi della terra. E poi fanno divulgare tra i poveri il comandamento di Dio: “Non rubare”. Ma questo non vale per loro. Riducono in miseria tutti gli uomini, pelano e scorticano contadini e artigiani e ogni essere vivente, e per costoro, alla più piccola mancanza, c’è la forca.

Thomas Müntzer, Confutazione ben fondata, 1524


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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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