L'Asrsenale lastricato di buone intenzioni
Analisi Il golfo ai poeti Libri Local
William Domenichini  

L’Arsenale lastricato di buone intenzioni

Se la strada dell’inferno è lastricata di buone intenzioni, quella dell’arsenale spezzino di annunci e promesse. Anzi, una lunga storia quella delle passerelle dei ministri, e della politica (con la p minuscola). La giornata inaugurale della fiera bellica SeaFuture, la fiera dell’ipocrisia di chi sostiene guerre per procura, facendone elemento di business ben poco sostenibile, è utile per analizzare alcuni elementi.

I rappresentanti sindacali del personale civile dell’Arsenale spezzino non hanno preso bene i lavori svolti nelle scorse settimane per accogliere gli ospiti di SeaFuture. Come dargli torto? A fronte di infrastrutture che “non garantiscono la sicurezza” quotidiana dei lavorator*. Così sono scesi in sciopero per chiedere alla politica iniziative utili, per ridare dignità al personale civile delle Difesa e lustro alla base navale. Intanto la ‘macchina operativa’ per SeaFuture va in controtendenza. Tensostrutture immense, impianti di condizionamento in una mensa che ne è sprovvista da sempre (a discapito del personale civile e militare che ci ha lavorato fino ad ora), riesumato l’estetica (non la struttura) di edifici diroccati, sfalciato l’erba di ogni campo, verniciato qualsiasi ferro arrugginito e, aggiungo, spostato qua e là nella base i rottami dei navigli in disarmo da decenni. Tutto fronte di uno “stabilimento abbandonato” nel resto dell’anno.

I sindacati non la mandano a dire: “il modello di gestione dirigenziale arsenalizio è stato fino ad oggi ‘Speriamo che me la cavo’, pensando più alla propria carriera che alla gestione dello stabilimento stesso. C’è effettivamente anche un elemento green non trascurabile, la biodegradabilità di una dirigenza che ogni due anni rotola via. Cosa hanno fatto, fino ad ora, i politici ed i dirigenti civili e militari, titolari di incarichi prestigiosi e ruoli chiave, se l’attuale contesto arsenalizio è al collasso? Eppure, noi siamo ancora qui, a chiedere a tutti di intraprendere qualsiasi iniziativa utile, per ridare dignità al personale civile delle Difesa e lustro alla base navale. La considerazione blu che ci rimane, è di vivere nel paese dei puffi.

Mentre all’ingresso dell’Arsenale sventolano le bandiere di pace del comitato Riconvertiamo SeaFuture, negli stand espositivi si da il via alla rassegna sulla blue economy. Ne è esempio fulgido Leonardo, che ha presentato l’elicottero a pilotaggio remoto AWHero. Cos’ha di blue un Rotary Uncrewed Aerial System, che supporta operazioni navali e multi-dominio? La capacità di acquisizione bersagli? Le doti di ricognizione? L’uso per la lotta alle minacce sottomarine? La sua versatilità nell’impiego per eletronic warfare? Il supporto al combattimento e protezione delle forze in campo? Forse il fatto che può essere integrato con il sistema di gestione del combattimento navale, quin in mare, ego blu.

MBDA, per esempio, presenta i modelli di missili Aster 30B1 NT, in grado di contrastare le più avanzate minacce balistiche, o gli antinave Teseo MK2/E e Marte ER, quest’ultimo esposto su un dimostratore FFC15 di Baglietto, altra eccellenza del miglio blu spezzino che oltre a fare yacht “ha scritto grandi pagine della sua storia in ambito militare“, in versione Anti-Surface Warfare (ASuW).

La risposta della politica non si fa attendere. Arriva dall’ospite più “illustre” della fiera bellica, il ministro della Difesa in carica:

Questo arsenale nasce 154 anni fa per l’intuizione di un grande italiano come Cavour. Il posto che abbiamo avuto sul mare nel passato, vogliamo averlo sempre di più in futuro. Questo luogo oggi non è più quello che è stato, ma dovrà ridiventarlo. Per questo, con Fincantieri e Rina, stiamo predisponendo un progetto per creare l’arsenale del futuro, che sia un luogo a cui guardi non solo l’Italia ma il mondo

Guido Crosetto

Parole in libertà, direbbe qualcuno, le tante che si sono susseguite e che, ça va sans dire, non hanno avuto nessuna concretezza. Certamente non hanno avuto attenzione alle tante criticità che vertono sull’area militare, dalle nocività presenti allo stato di abbandono. Anzi. Crosetto, con grande onestà intellettuale svela l’uovo di colombo, ossia la tendenza che da anni è insita nella gestione dell’area arsenalizia: privatizzare i ricavi, socializzare le perdite. Tradotto gli spazi utili dedicati ad imprese che ne traggono beneficio, bonifiche (quelle poche che si fanno) a carico del contribuente. L’arsenale è oggi quindi terra di conquista, dichiarata. Un passo in più nel panorama storico, rappresentabile dalla cronistoria delle promesse dei ministri passati:

  • 2022, Lorenzo Guerini (PD), governi Conte II e Draghi: “Il mio impegno è sempre stato nel realizzare un contesto armonico nelle città in cui abbiamo una presenza“.
  • 2019, Elisabetta Trenta (M5S), governo Conte I: “C’è un legame indissolubile particolare tra la città, la Marina e la cantieristica navale, eccellenza italiana nel mondo“.
  • 2016, Roberta Pinotti (PD), governi Renzi e Gentiloni: “Il piano Brin darà lavoro in Arsenale
  • 2013, Mario Mauro (SC), governo Letta: “Prorogheremo la deroga al turnover per centinaio di lavoratori, che rischia di paralizzare l’intero arsenale militare spezzino“.
  • 2011-2013, Giampaolo Di Paola (ind), governo Monti: non pervenuto.
  • 2011, Ignazio La Russa (PdL), governo Berlusconi IV: “Così rinascerà l’Arsenale della Spezia“.

Per avere chiare le idee, quando si parla delle aree militari spezzine, nemmeno le carte firmate hanno avuto concretezza. Il paradosso è rappresentato dall’amministratore delegato di Difesa Servizi SpA. Secondo Luca Andreoli, “le potenzialità dell’Arsenale spezzino sono espresse in modo efficace grazie anche a questo evento, affermatosi nel panorama fieristico nazionale ed internazionale”. Curioso. Difesa Servizi SpA fu firmataria, con il comune della Spezia, di un protocollo di concessione dell’area denominata “174” Marola (ex magazzino DIFO). Circa 5.400 m² della base affidati in concessione per attività e funzioni ad interesse pubblico. Sapete che fine ha fatto quell’area? Il protocollo non è mai stato reso operativo e l’area sarà destinata alla logistica del cantiere di Basi blu. Già. Basi blu. Dell vaso di pandora che incombe sulla città, tutti sono unanimi: si farà.

Ma se la storia dell’Arsenale volge al tragicommedia, terreno di conquista per soggetti che privatizzeranno i loro ricavi e assoluta incuranza delle sue criticità ambientali con cui socializzare i danni, SeaFuture, al netto della retorica e del marketing per raccontare la favola della fiera dei miracoli non è da meno.  Operazione cruciale per il make-up della fiera bellica è la guest star, Giancarlo Giannini, invitato a recitare poesie di un’antologia curata da, neintepopodimeno che Paolo Asti. Palco d’onore per l’attore natio spezzino sarebbe dovuta essere la Trieste ma, come molti sanno,, la futura ammiraglia della flotta italiana è travolta da un insolito destino e, nonostante fosse stata varata il 25 maggio 2019, in 3 anni non è ancora in servizio, ormeggiata ai cantieri del Muggiano, evidentemente per problemi tecnici, in procinto di risoluzione.

Panico! Si rinuncia alla performance in stile hollywoodiano? Certo che no, si ricorre alla toppa italiana.Due telefonate e si ordina alla “vecchia” portaeromobili Garibaldi, dipendente dal Comando della 3ª Divisione Navale, di salpare. La Garibaldi non è la Trieste, ma nonostante la prima abbia preso il mare per la prima volta nel 1983, sta ancora a galla. La Trieste pare non parta proprio. Il contribuente italiano così ha speso soldi per la seguente missione strategica: inviare la Garibaldi alla base spezzina, ormeggiarla al chiacchierato molo Varicella, appestare la popolazione di Marola con i suoi fumi, attendere l’arrivo di Giancarlo Giannini e dei VIP invitati, far da palcoscenico per il reading dell’attore, alzare i calici a conclusione della giornata inaugurale di SeaFuture per poi risalpare il giorno dopo e tornare a far cose, si presume, più serie, grazie ai soldi dei contribuenti italiani che ne consentono l’attività.

Portaeromobili (LHA) Garibaldi al molo Varicella


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Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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