Opinioni
William Domenichini  

Vivere e lasciare un segno

Vivere e lasciare un segno. Si dice che nella vita un essere umano debba piantare un albero, scrivere un libro, fare un figlio.

Quando ero ragazzo riportai alla luce un vecchio oliveto del mio bisnonno paterno, posando alcune piante che rimpiazzarono quelle che non sopravvissero al tempo ed all’abbandono. Oggi quelle piante hanno ripreso, con la nostra fatica, a dare poche ma preziose bottiglie d’olio.

Mi decisi a raccontare la storia di mio nonno e dei suoi compagni di lotta partigiana, scrivendo un romanzo che vuole far capire come persone semplici hanno contribuito a scrivere una delle pagine più belle della nostra Storia.

Il 14 luglio si è aggiunto un altro piccolo partigiano, Tommaso, e data la sua voglia di venire al mondo credo erediterà appieno il nome di battaglia del bisnonno. Spero che anche lui, come il fratellone Pau, possa ascoltare le storie di Fulmine dalla sua voce, come ho fatto io da bambino, spero possa emozionarsi nel toccargli la mano sinistra, e sentire ancora quella scheggia di pallottola che porta ancora conficcata. Il bisnonno ce la sta mettendo tutta a sfidare le leggi della natura.

Riflettendo, mi sono convinto che non basti piantare un albero, scrivere un libro, fare un figlio, ma occorra essere consapevoli che questi tre atti, così vicini all’essenza vitale di ogni essere umano, in cui vi siano tutta la sua dimensione, siano solo parte di un’avventura meravigliosa: vivere, lasciando una testimonianza di noi stessi che non riempia il nostro narcisismo, ma che dia un piccolo grande contributo per migliorare il mondo in cui viviamo.

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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