Ricorrenze
William Domenichini  

Ad Italo Calvino

Ricorrenze ed amori. 95 anni fa nasceva Italo Calvino, genio ed umanità, gioia e bellezza e ad Italo Calvino va il mio omaggio. Un autore che amo profondamente, non è per nulla velato, tanto che da una sua meravigliosa poesia ho ispirato il titolo e le parti del mio romanzo partigiano.

Pensare di poter dire qualcosa di nuovo su ciò che è stato, come uomo e come scrittore, sarebbe tanto ardito quanto presuntuoso. Perciò voglio ricordare Italo Calvino attraverso un scritto, la sua introduzione al suo romanzo “Il sentiero dei nidi di ragno”, che uscì nel 1947. Ho riletto queste pagine qualche anno fa, quando Fulmine è oltre il ponte era già strutturato. Oltre ad un’importante riflessione sulla letteratura del secondo dopoguerra e sul neorealismo, Calvino si racconta, con la sua originale genialità e con un’umanità straordinaria.

Per ricordarlo vi consiglio di leggere (o rileggere) quella sua introduzione. Intanto vi ripropongo un passo, che per me rappresenta, da un lato quella sua geniale umanità, dall’altro un tributo ad un altro autore che, come lui amo infinitamente.

Se dico che allora facevamo letteratura del nostro stato di povertà, non parlo tanto d’una programmaticità ideologica, quanto di qualcosa di più profondo che era in ciascuno di noi.

Oggi che scrivere è una professione regolare, che il romanzo è un «prodotto», con un suo «mercato», una sua «domanda» e una sua «offerta», con le sue campagne di lancio, i suoi successi e i suoi tran-tran, ora che i romanzi italiani sono tutti «di un buon livello medio» e fanno parte della quantità di beni superflui di una società troppo presto soddisfatta, è difficile richiamarci alla mente lo spirito con cui tentavamo di cominciare una narrativa che aveva ancora da costruirsi tutto con le proprie mani.

Continuo a usare il plurale, ma vi ho già spiegato che parlo di qualcosa di sparso, di non concordato, che usciva da angoli di provincia diversi, senza ragioni esplicite in comune che non fossero parziali e provvisorie. Fu più che altro – diciamo – una potenzialità diffusa nell’aria. E presto spenta.

Già negli Anni Cinquanta il quadro era cambiato, a cominciare dai maestri: Pavese morto, Vittoriani chiuso in un silenzio d’opposizione, Moravia che in un contesto diverso veniva acquistando un altro significato (non più esistenziale ma naturalistico) e il romanzo italiano prendeva il suo corso elegiaco-moderato-sociologico in cui tutti finimmo per scavarci una nicchia più o meno comoda (o per trovare le nostre scappatoie).

Ma ci fu chi continuò sulla via di quella prima frammentaria epopea: in genere furono i più isolati, i meno «inseriti» a conservare questa forza. E fu il più solitario di tutti che riuscì a fare il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava, Beppe Fenoglio, e arrivò a scriverlo e nemmeno finirlo (Una questione privata), e morì prima di vederlo pubblicato, nel pieno dei quarant’anni. Il libro che la nostra generazione voleva fare, adesso c’è, e il nostro lavoro ha un coronamento e un senso, e solo ora, grazie a Fenoglio, possiamo dire che una stagione è compiuta, solo ora siamo certi che è veramente esistita: la stagione che va dal Sentiero dei nidi di ragno a Una questione privata.

Una questione privata è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché.  È al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione: non al mio.

A Italo Calvino, con amore ed infinita gratitudine. Ora e sempre, Resistenza.


Foto: Italo Calvino, tratta da https://www.flickr.com/

0 0 voti
Rating articolo
Sottoscrivi
Notificami
Lascia un tuo commento
Lascia un tuo commento

0 Commenti
Il più vecchio
Più recente Più votato
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti
3d book display image of Il golfo ai poeti

L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

ORDINALO!
0
Mi piacerebbe conoscere il tuo pensiero. Lascia un tuo commentox