Il sabato della borgata
Il sabato della borgata. La donzelletta vien dalla campagna, in sul calar del sole, col suo fascio dell’erba, e reca in mano un mazzolin di rose e di viole. Eccetera, eccetera direte voi. Poi arriva il di di festa. La costa di ponente del golfo dei poeti si sveglia, riscaldata dai raggi di una primavera bizzarra. I profumi dei pitosfori aleggiano, mossi da un lieve brezza marina. Per continuare a cullare il nostro io letterario, e come scrisse quel tale, in una mattina del genere, c’è una vita da vivere, ci sono delle biciclette da inforcare, marciapiedi da passeggiare e tramonti da godere. La Natura insomma ci chiama e noi seguiamo il suo appello.
Così, nell’intento di seguire l’appello della Madre, sulla via Napoleonica verso il patrimonio dell’umanità, al netto delle recenti manette, le auto si incolonnano liete. Incuranti dei detti locali. Foresti, indigeni, importati, lanzichenecchi. Oltre Fezzano, solo Milano. Oltre l’Acquasanta solo Brianza. Ma tutti di li tocca passare. Anzi, sul confine con la Padania, il muro austero, oltre il quale riposano le vestigia ed i sepolcri imbiancati di una fabbrica che fu, accompagna la gita fuori porta.
Domenica mattina. Il malore di un ciclista contribuisce a rallentare il traffico. Nulla di nuovo. L’unica via che porta e riporta nella costa che fu dei pirati è così. Ma le auto entrando a Murola (perdonate, Marola murata viva), confortate dal rallentamento delle operazioni di soccorso, hanno potuto distendersi con la performance di soliti ignoti.
Teli bianchi, candidamente adagiati sulla recinzione a bordo strada recitavano impenitente. I radar sempre accesi vi friggono il cervello, Marola di blu vuole solo il suo mare, bonificate Campo in ferro che inquina il nostro golfo. Ed un ritornello di scritte: no basi blu. La mirabile composizione, su panoramica curva si rendeva visibile tanto in andata quanto in ritorno. La voce dissonante concludeva con un telo, sulla ringhiera del marciapiede pubblico: ospiti indesiderati da 150 anni.
Dai balconi alla strada, si sa, il passo è breve. Così il brusio marolino inizia a diventare un chiacchiericcio in tutta la costa. “Avete letto a Marola?“. In tarda serata c’è chi giurerebbe che un capannello in centro, sorseggiando uno aperitivo e sputazzando qualche sementina, abbiano lungamente discusso del fattaccio, concludendo in mugugnese: “è ‘na vergogna“. Intanto a Marola, qualcuno ha fatto in tempo a scattare qualche foto, tanto scalpore ha destato l’ardimentosa protesta. Siede con le vicine su la scala a filar la vecchierella, incontro lá dove si perde il giorno e novellando vien del suo buon tempo, fa una foto con il suo smartphone. Una anche a Porto Venere, ma la questione è (in parte) diversa.
Si sa, ogni domenica termina, e porta con se tutto, lasciando la traccia di una leopardesca amarezza. La gioia si manifesta nell’attesa di un piacere irraggiungibile ed è, per definizione, fugace, effimera. Così, come un miraggio, il piacere dell’attesa svanisce con la festa e con esso spariscono quell’espressioni di indignazione, di civiltà.
Ed i teli, con le loro parole di civiltà, non ci son più.
Foto murataviva.