Base blu con un'ex fabbrica intorno
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William Domenichini  

Base blu con un’ex fabbrica intorno

Tra tonnellate di promesse, miliardi di annunci, parrebbe che con 354 milioni di euro, la Marina militare realizzerà una Base blu con un’ex fabbrica intorno. Per i miei 25 lettori, questa si tratta della seconda puntata. Repetita iuvant. Il futuro delle officine arsenalizie, di fatto un’ex fabbrica, pare segnato verso l’affido a privati e le sue banchine come cimitero di relitti.

Non c’è male come futuro blu. Al netto di eventuali daltonismi, o se preferite ipocrisie. Una sorta di sito archeologico industriale, ma strategico, militarmente, con spazi inquinati e vuoti, pronti per fornitori della Marina militare che potrebbero beneficiare di spazi. magari adeguatamente ristrutturati con soldi pubblici. Nel mentre, 80 anni fa, l’Arsenale spezzino contava oltre 12.000 lavoratori e lavoratrici. Oggi? Meno di 490.

L’Arsenale è un bene inestimabile dello Stato, va quindi preservato e utilizzato nel migliore dei modi.

Contrammiraglio Giuseppe Scorsone
direttore Arsenale Marina militare La Spezia
(22 settembre 2021)

Naturalmente c’è chi ritiene questa premessa ingenerosa, nonostante nel giugno 2020, a Napoli, fu presentato il Piano Industriale Integrato 2020-2025 per gli Arsenali marittimi militari. In quel documento la fotografia impietosa dell’Arsenale spezzino appare assai più vicina all’indignazione di chi sta oltre il muro. Nero su bianco, le arrampicate sugli specchi di chi ha comandato (o comanda), rendono il re nudo. Qualcuno dei miei 25 lettori si ricorderà delle parole dell’ex direttore del Museo Tecnico Navale?

C’è una scarsa conoscenza della realtà arsenalizia, di fondo. E’ vero che l’Arsenale non è più quello del 1895, e ci mancherebbe. Ora però non neanche vero in Arsenale non c’è più nulla o che è tutto fermo o che è tutto da buttare e che andrebbe chiuso. Assolutamente non è così. L’officina Artiglieria aveva in corso, non so se ha finito, ma comunque fino a poco fa aveva in corso tutto il refitting dei cannoni da 127 dell’OTO Melara, sia per la Marina italiana che per quella francese. Quindi voglio dire, è solo un esempio questo, come tante altre officine all’interno dell’Arsenale che ancora funzionano. Non c’è pubblicità, perchè la Marina non fa pubblicità di se stessa, non deve vendere. Però ci sono delle attività che sono ancora di altissimo  livello da un punto di vista tecnologico e che ci sono all’interno dell’Arsenale.

Silvano Benedetti
ex direttore del Museo Tecnico Navale
(15 febbraio 2023)

Parole in libertà di un ex ufficiale quiescente, qualcuno direbbe, che assumerebbero le tinte fosche di una tragicommedia, se non fossero dette da chi ha lavorato per anni in quell’area militare, che oggi cade a pezzi. La narrazione fantasiosa contraddice se stessa, non solo perché appare pubblicitaria, ma per giunta sembrerebbe ingannevole. Forse l’ex direttore del museo sulla non conoscenza dell’Arsenale ha esternato un’autocritica?

L’officina Artiglieria, se qualcuno fosse atterrato oggi da Plutone, è in realtà la rappresentazione dello status dell’ipocrisia che aleggia sull’Arsenale. Stiamo parlando di un enorme edificio che sorge ai margini delle vasche di San Vito. Per chi è solito percorrere la strada Napoleonica, si tratta di quell’immensa struttura che costeggia i “famosi” bunker della vergogna.

Un tempo officina qualificata, negli anni in cui in Arsenale esisteva una fabbrica, occupava centinaia di operai ed operaie con elevate competenze. Oggi resta un edificio con la copertura talmente fatiscente che ci piove dentro. Stiamo parlando di una struttura di oltre 6.000 metri quadrati di superficie, con ampie porzioni interne interdette e limitate da nastro biancorosso.

Secondo fonti interne la pubblicità ingannevole è pressoché disvelata. Il refitting dei cannoni 127/54 non si fa più da tempo. Quel pugno di operai e di operaie che rimangono, letteralmente, si mettono una mano sul cuore e lavorano sui pezzi 76/62 in collaborazione con Leonardo. Peraltro parrebbe che la stragrande maggioranza degli addetti sopravvissuti agli annunci dei politici locali (attualmente meno di 40 ed in fase di ulteriore diminuzione per via dei pensionamenti) non siano in grado di operare più certe lavorazioni. Perché? Banalmente, non sono in possesso delle competenze e dei percorsi formativi che consentirebbero di operare o revisionare le tecnologie di nuova generazione. E come potrebbe essere diversamente? Quelli che vanno in pensione non vengono rimpiazzati da decenni.

Negli ultimi 30 anni, la sola officina Artiglieria ha perso più della metà degli occupati. Una densità occupazionale da record mondiale: circa un lavorator* ogni 150 metri quadri. Non stiamo parlando di officine qualunque. Basti pensare che molte delle strumentazioni in uso non erano altro che utensili costruiti ad hoc dagli operai arsenalotti, maestranze con capacità e competenze pressoché scomparse.

Tant’è, ciò che è rimasto sono lavorazioni sulle armi portatili, derubricando l’officina, de facto, a collaudo armeria. Senza contare che la china del declino non parrebbe modificarsi, o almeno non ci sono storicamente episodi tali da far pensare che questa tendenza cambi. Basterebbe, per esempio, aver letto il fantomatico Piano Brin, celebrato, probabilmente da chi certamente non l’ha mai letto, come lo strumento di rilancio dell’Arsenale. Peccato che così non fu.

Se ciò non bastasse, a questa narrazione che l’ex direttore del museo ignora, c’è da aggiungere l’ultimo capitolo. Lo sgombero. La richiesta di offerta pubblica per il servizio di completamento dello sgombero a favore dell’edificio 155 dell’Arsenale (alias officina Artiglieria) con confezionamento, classificazione e smaltimento dei rifiuti (Fascicolo 23L0054), è firmato dal direttore della struttura, il contrammiraglio Giuseppe Scorsone. L’ 8 novembre 2023 viene affidato il servizio, per la modica cifra di € 29.221,31.

Ancora una volta tornano alla mente le parole illuminanti del direttore dell’Arsenale spezzino, Giuseppe Scorsone:

Nel mio pensiero, il futuro di questo Arsenale è blu, come la divisa della Marina Militare che non lascerà questo sito per i prossimi decenni, come la bandiera della NATO e dell’Europa, di cui questo Arsenale rappresenta un importante polo strategico sia per le dimensioni, per la vicinanza a un grande indotto nazionale locale e per i bacini in muratura che sono il bene più prezioso, come il Piano Basi Blu per il quale è previsto un finanziamento di 300 milioni di euro e che renderà possibile l’ormeggio di 14 unità maggiori. Proprio per l’importanza della base navale la Marina ha deciso di assicurare grandi investimenti nel prossimo futuro, mirati a migliorare le potenzialità di ormeggio, migliorare le infrastrutture seguendo criteri di sostenibilità ambientale ed energetica e ottimizzando le officine e i grandi spazi disponibili. Il Blu come la blue economy, di cui questo Arsenale vuole essere volano di crescita, già oggi la Marina Militare incide per il 10% sul Pil del territorio, con il piano Basi Blu e con possibili rilanci futuri questa percentuale potrà migliorare. E blu come il Miglio blu, con cui ci si riferisce all’indotto locale, con cui è ragionevole ipotizzare delle sinergie.

Contrammiraglio Giuseppe Scorsone
direttore Arsenale Marina militare La Spezia
(21 marzo 2023)

Ora visti i brillanti risultati che sono stati conseguiti con i soldi pubblici, in questi anni, se esistesse una classe politica, degna di tale nota, convocherebbe il contrammiraglio e i suoi superiori e leggerebbe una lista molto stringata:

  • 400 dipendenti (probabilmente oggi sono già di meno) su una superficie di 900.000 metri quadri, di cui 180.000 coperti. Fanno 1821 metri quadri a lavorator*;
  • 1 discarica di rifiuti tossici;
  • oltre 100.000 metri quadri di amianto;
  • decine di edifici abbandonati e fatiscenti;
  • una decina di grandi navigli in disarmo e altre decine di bettoline a marcire nei bacini interni;
  • decine di automezzi e natanti abbandonati nell’intera area;
  • una caratterizzazione dei fondali da far impallidire un chimico.

Un futuro blu attende l’Arsenale? Forse potrebbe essere funereo, visto che nessuno ha ancora avuto l’ardire di confrontarsi pubblicamente sul fatto che con 354 milioni di euro, non verrà creato nessun posto di lavoro, non verrà risolta nessuna criticità ambientale, non verrà restituito un metro quadrato alla città. In compenso avremmo, 10 anni di cantiere e la prospettiva di ospitare 14 unità navali NATO, con le implicazioni che conseguiranno in termini di sicurezza.

Ancora una volta, dal bancone del Peola, si alza una voce: grazie all’interessamento dei parlamentari spezzini, finalmente sta arrivato l’inverno.


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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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