Il gioco dei quattro cantoni
Analisi Il golfo ai poeti Libri Local
William Domenichini  

Il gioco dei quattro cantoni

Nel gioco dei quattro cantoni lo scopo è scambiarsi di posto occupando il cantone libero senza farsi anticipare da chi sta nel mezzo. Chi non ha mai giocato ai quattro cantoni? Probabilmente la passione infantile è ancora in voga nella strategica base navale spezzina, e nell’ex fabbrica del suo Arsenale, ma in una versione rivisitata. Ne Il golfo ai poeti ho anticipato una versione del gioco, ma con altri partecipanti, le unità navali di superficie in disarmo. Val la pena ampliare lo sguardo ed approfondire uno dei passatempi ludici più in voga, in una delle più grandi, più desolate e più inquinate aree militari nazionali, verso SeaFuture.

Facciamo un passo indietro. Come vediamo il futuro dell’Arsenale? Secondo il contrammiraglio Scorsone, direttore della struttura, il suo futuro è blu. In una narrazione da fantascienza, la strategia area militare diventa stratragica. Così, per sostenere tesi bislacche e poco ancorate alla realtà dei fatti, tocca sentire dichiarazioni che hanno tratti di pura fantascienza, nel senso etimologico. Ma il vizio di coprirsi con una foglia di fico non è un caso isolato. Tant’è che anche ufficiali in pensione assumono questi atteggiamenti. Nonostante la quiescenza, potrebbero usare la cortesia di tacere, invece perorano cause perse, racontando fantasiose versioni del disastroso stato della base spezzina.

Ma se si mente sapendo di mentire sullo stato di abbandono delle strutture, sulle condizioni penose dei pochi che ormai lavorano in Arsenale, così come sulle fantasiose prospettive di un progetto che butterà una montagna di soldi pubblici nel nulla, torniamo al tema principale. Il gioco dei quattro cantoni. Una delle abitudini, in voga da molti anni, all’interno dell’area militare spezzina, è quella di ammainare la bandiera delle unità in esercizio e lasciarle ormeggiate per anni, lunghi i circa 10 chilometri di banchine presenti nell’Arsenale, galleggianti negli oltre 1,4 milioni di metri quadrati di specchi acquei interni. Dove sta il nesso con il gioco dei quattro cantoni? Abitualmente i relitti vengono spostati, da una banchina all’altra, apparentemente senza una logica precisa, ma in realtà, in seguito a deduzioni logiche, ad un disegno molto semplice. Fare spazio, di volta in volta, ad esigenze strategiche della Marina militare, o di connesse realtà.

Così se una fregata se ne sta tranquilla per anni sulla banchina della seconda darsena, capita che, se c’è un evento che necessita di spazio di ormeggio di nave Italia, si sposta, si attende la conclusione della passerella di autorità. Poi tutto torna come prima.

Domanda n°1. Quale impatto ambientale hanno ferraglie ormeggiate ed abbandonate per anni? Ipotizziamo che dopo l’ultimo ammaina bandiera ditte specializzate si occupino di eliminare sostanze e strumentazioni che potrebbero rilasciare in mare sostanze nocive. Resta il fatto che scavi, trattati con vernici apposite, restano in balia del salmastro e degli agenti atmosferici per lungo tempo, deperendo inesorabilmente.

Domanda n°2. Perché, nonostante vi siano le risorse (leggasi note di approfondimento de Il golfo ai poeti), stanziate appositamente, i relitti ormeggiati restano per decenni in stato di abbandono? Ipotizziamo che le strutture gerarchiche della Marina militare siano edotte sul problema, restano due ipotesi. La prima è che vi è totale incuranza del problema, la seconda che tenere ormeggiati dei relitti crei l’alibi che tutte le aree siano strategiche. Strategiche per l’accatastamento di rottami e stratragiche per la gestione delle aree in uso.

Domande che resteranno senza risposte, perché parrebbe che la logica resti al di fuori di quell’area perimetrata con muro, filo spinato ed un cartello: zona militare. Il gioco dei quattro cantoni tocca anche le unità sottomarine.

Tre unità classe Sauro se ne stavano serenamente abbandonate alla calata Calderai. Verosimilmente, vista che il distintivo ottico è pressoché irriconoscibile, pare si tratti del Carlo Fecia di Cossato (S 519), sommergibile intitolato ad un eroe della guerra fascista e pluridecorato anche dalla Germania nazista, il cui ultimo ammainabandiera risale al 31 marzo 2005, Leonardo da Vinci (S 520) in disarmo il 30 giugno 2010 ed il Guglielmo Marconi (S 521) abbandonato dal 1º ottobre 2003.

Nel luglio 2022 apparve il mistero, tutt’ora irrisolto, del capriolo che nuotava in Arsenale. Il mammifero eluse la sorveglianza armata, i check point e, senza suonare alcun campanello all’ingresso, senza mostrare alcun tesserino di riconoscimento, entrò nella stratragica base navale. Non concento, date la calura estiva, approfittò per trarre refrigerio tuffandosi nella darsena. Ma non si limitò a saltare da una banchina. Salì a bordo di un battello ormeggiato ed usò uno dei sottomarino menzionati come trampolino. Le indagini pare siano ancora in corso e non sarebbe da escludere che siano stati presi provvedimenti disciplinari nei confronti dei responsabili. Si mormora che il catering della mensa avesse già preparato la polenta, tuttavia il capriolo sarebbe stato ben più scaltro dei sorveglianti e si sarebbe dileguato.

Ma il gioco dei quattro cantoni a questo giro perché ha mosso le sue pedine? Si sa, che a pensar male si fa peccato, ma spesso ci s’azzecca. Così mettiamo insieme gli indizi.

Indizio 1. I tre sommergibili sono ormeggiati in un luogo pressoché inutilizzato quotidianamente. Anche la sorveglianza, visti i precedenti, essendo così latitante farebbe presumere che si tratti di un angolo dimenticato da dio. Che noia darebbero, al netto di ipotesi di affondamento? Indizio 2. Nonostante l’età, lo spostamento di poche centinaia di metri farebbe presumere che non si tratti di problematiche legate al principio di Archimede. Al nuovo ormeggio, gli anziani sommergibili, sembrano galleggiare ancora serenamente.

Ma se ripensiamo a dove verrà organizzata la fiera bellica di SeaFuture, tutte le ipotesi cado e le probabilità di svelare il segreto cresce esponenzialmente.

Che figura farebbero gli organizzatori del salotto militare tinto di blue economy se le marine militari, le aziende, le autorità invitate trovassero all’ingresso dei relitti in disarmo? O peggio e se pagassero il biglietto per assistere ai numero del capriolo tuffatore? Allora si spostano e si mette in mostra un bel vascello. La Vespucci è in giro per il mondo a far mostra della sua bellezza? Ci mettiamo la Palinuro. I tre sommergibili, poretti, se il 9 giugno non sono affondati, torneranno a far da trampolino ai caprioli.

Domanda finale. Quanto costa al contribuente il gioco dei quattro cantoni? Perché ogni volta si fa il pieno a qualche rimorchiatore, con annesso equipaggio impegnato, si prende la briga di lanciar cime ed ormeggi, si traina l’unità in disarmo verso la temporanea destinazione e si ripete l’operazione quando si ritorna al ricovero originario. Passata la festa gabbato lo santo. Tanto paga Pantalone…

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Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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