
Un deposito per i rifiuti speciali
Il 29 aprile scorso è stato inaugurato “il nuovo deposito temporaneo per la gestione dei rifiuti speciali, realizzato presso la Base Navale della Spezia e dedicato a tutti i comandi ed enti dell’area operativa“. Strano che nessuno ne abbia dato notizia. E voi mi direte, dove sta la notizia? In linea generale, in un mondo in cui il mainstream mediatico annuncia ad ogni piè sospinto ogni respiro fatto da una forza armata, enfatizzandone ed elogiandone le movenze, fa strano. In questo caso, un po’ meno.
Al di là dell’avversione personale per le veline, l’inaugurazione di un nuovo deposito (dichiarato, appuntatevelo da qualche parte, come temporaneo) di rifiuti speciali, nella base militare spezzina, dovrebbe far sobbalzare. Prima di arrivare a facili conclusioni, vediamo di inquadrare la questione, in modo tale da comprenderne, didascalicamente, il perché di tal sobbalzo. Partiamo dalla notizia dell’oggetto in questione. Si tratta di una superficie di oltre 4000 metri quadrati. Uno spazio dedito allo stoccaggio di rifiuti speciali pericolosi (oli minerali esausti, pitture e vernici). Ma anche rifiuti speciali non pericolosi, come materiali ingombranti, ferro, legname e residui vegetali provenienti da attività di manutenzione ordinaria.
L’area dovrebbe essere ubicata in un luogo ideale per raccogliere rifiuti. Prospicente la facciata della chiesa rinascimentale di San Francesco Grande.
Un importante passo avanti nella salvaguardia ambientale, prevenendo qualsiasi rischio di dispersione di sostanze nocive nell’ambiente e garantendo la massima protezione della salute pubblica. […] L’attivazione del deposito conferma ancora una volta l’attenzione della Marina verso un approccio operativo sempre più sostenibile, rispettoso dell’ambiente e del territorio circostante, rafforzando il legame con la comunità locale e confermando il ruolo di esempio nelle buone pratiche ambientali.
Marina militare italiana
(7 maggio 2025)
Strutturare un centro di raccolta rifiuti speciali ai margini di un patrimonio culturale inestimabile, nonostante si disponga di 900.000 metri quadrati di superficie ampiamente inutilizzata ed allo stato di abbandono, potrebbe apparire come una scelta non propriamente oculata. Anche su come, tale scelta, rafforzi il legame con la comunità locale, rientra in un campo semantico quasi esoterico. Ma non lasciamoci a facili ironie (anche perché ci sarebbe assai poco da ridere). Ma una battuta corre amara. Una scelta simile, per esempio, facilita l’istanza proposta, ormai 3 anni or sono di “liberare” un bene inestimabile come la chiesa. Un’istanza, è bene sottolinearlo, a cui nessuna autorità ha degnato risposta.
Sfugge il motivo di scomodare la salute pubblica. Perché? Forse che i rifiuti prodotti nella base militare possano nuocere se non adeguatamente gestiti? Una domanda, per scomodare un parolone, pleonastica. E’ del tutto ovvio che i rifiuti di una base militare debbano essere gestiti nel modo più sicuro possibile. Tuttavia, data la dichiarazione, potrebbe sorgere un dubbio terrificante. Visto che fino ad oggi non c’era un deposito simile, come venivano trattati? I malevoli potrebbe pensare che, per esempio, la tanto famosa discarica di Campo in ferro sarebbe stata una risposta. Almeno fino a quando la magistratura non la sequestrò, nel 2003.
Torniamo alle parole dell’ufficio stampa della forza armata, sottolineando che non sono frutto di esercizi stilistico-propagandistici. Riportano infatti le dichiarazioni di due alti ufficiali del comando della flotta d’istanza alla Spezia: il contrammiraglio Massimo Bonu (comandante della Prima Divisione Navale), il capitano di vascello David Ilardi (comandante della Stazione Navale della Spezia) ed il capitano di fregata Salvatore Santonocito (capo ufficio Comando in Capo della Squadra Navale). Secondo la nota, il nuovo centro consentirebbe di prevenire qualsiasi rischio di dispersione di sostanze nocive.
Riavviamo il nastro. A.D. 2025. Taglio del nastro del nuovo deposito di rifiuti. A.D. 1869, inaugurazione dell’Arsenale della regia marina militare alla Spezia. A – B = 156 anni di “rischio di dispersione di sostanze nocive“? Certamente in oltre un secolo e mezzo di attività, i dirigenti prima la regia, poi la Marina militare della repubblica italiana, avranno assunto tutte le iniziative possibile atte ad impedire tale rischio. C’è sempre quel neo del Campo in ferro che insinuerebbe qualche dubbio in proposito. Ma, ça va sans dire, sono limiti di chi non sa cogliere il bicchiere mezzo pieno. In fondo, c’è di mezzo la fitodepurazione. C’è di positivo che, data l’ufficialità, pur non essendoci nessun riscontro pubblico, l’autorizzazione a questo giro ci deve essere.
Tra il serio ed il faceto, c’è un conviviato di pietra. Chi controlla? Chissà, magari un organo terzo che si faccia carico di verificare tutto? Stante le recenti affermazioni di ARPAL, sembrerebbe una richiesta più utopistica di qualsiasi modello socio-economico egualitario. Rallegriamoci or dunque! La nuova base, nonostante non sia prevista alcuna bonifica e l’incidenza di tecnologie rinnovabili è oltre il limite del risibile, sarà dipinta di blu. Così, nel solco degli annunci e della propaganda, un deposito di rifiuti è salutato con grande gioia e taglio di nastro. Se qualcuno si chiedesse se sogna o è desto, basta che si ricordi cosa c’è nella navata abbandonata della chiesa rinascimentale…