Diritti e rovesci Opinioni
William Domenichini  

Non chi comincia ma chi paga

Non chi comincia ma chi paga. Già perché per quel che persevera la traccia è già pronta. La nave scuola Amerigo Vespucci, vera e propria icona galleggiante del tricolore patrio è tornata a casa. Chi non ha tirato un sospiro di sollievo. E chi non ha gonfiato il petto nel vederla solcare i mari in giro per il mondo? Vetrina del made in Italy, ha mostrato al pianeta (e anche a qualche alieno che gironzolava nello spazio) quanto sia bello il Made in Italy.

Ma dietro le parate, gli squilli di fanfara, le uniformi inamidate e i ponti lustrati a specchio, cosa c’è? Tanto marketing, evidentemente. Tanto da domandarsi come mai ci sia questa necessità, anzi questa overdose mediatica. Se un oggetto è tanto bello, parla da se. Ma lo sforzo comunicativo, inusuale per un oggetto che viene definito, la nave più bella del mondo è tale e tanto che c’è una domanda che sorge spontanea. Quanto ci costa questa meraviglia?

Come spesso accade, gli atti ci vengono incontro. A firmare la procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara con FINCANTIERI S.p.A. per nave Vespucci, con “sosta di Ammodernamento Progressivo Programmatico (APP) 2025-26” è il neo direttore dell’Arsenale spezzino, il contrammiraglio Enrico Olivo. Tutti quattrini presi dal bilancio dello Stato (capitoli di spesa 7120/01 e 7220/01). Spesa prevista? 5 milioni e 4 milioni opzionali. Ma si sa che l’opzione vien mangiando, quindi a carte fatte, quanto ammonta il costo dell’operazione? Secondo i documenti i 6 lotti di intervento ammontano a complessivi 8.890.960,4 euro.

Mettiamo in conto. Data l’enfasi con cui è stata accolta alla Spezia, un’altra domanda ci si dovrebbe porre. Quanto è costato il “Vespucci Tour“? Il veliero partì nel 2023, come ambasciatore del Made in Italy, facendo il tour del globo. Enfasi per il doppiaggio di capo Horn e per i vari approdi. Passando alla cassa, veleggiare per 7 mari sarebbe costato circa 40 milioni di euro, di cui 30 milioni a carico delle casse pubbliche. Il resto? L’avrebbero messo “sponsor” privati, felici di vedere il loro logo navigare al tramonto con la bandiera italiana. Chi sono, dunque i mecenati? Avion international, Eataly, Enel, Fincantieri, Leonardo, ecc. ecc.

L’opera di convincimento e di annullamento di ogni critica è a reti unificate e con ogni mezzo. Non a caso, RAI, partner del VespucciTour, inneggia alla rappresentazione dell’opera verdiana, Simon Boccanegra, andata in scena al molo spezzino, con la scenografia d’eccezione. Il Vespucci, per l’appunto. Ormai un classico, navi militari per opere liriche. D’altronde se abbiamo sdoganato la Madame Butterfly sull’ex ammiraglia in rottamazione, questo appare come un gioco da ragazzi.

La retorica è tale e tanta che l’aura che circonda il Vespucci cancella anche la memoria. Già perché sul veliero più bello del mondo si muore anche. Come nel caso del sotttocapo nocchiero di 3a classe, Alessandro Nasta. La tragedia si verificò mentre il veliero, partito dalla base navale della Spezia, si trovava al largo di Civitavecchia. Secondo la magistratura, a bordo della nave più celebrata dai media non erano state applicate delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. In particolare non furono applicati i sistemi di ritenuta degli acrobati del mare.

Quel giorno, Nasta, era impegnato in una manovra alle vele e cadde da un’altezza di circa 54 metri, battendo la testa sul ponte di coperta. Dopo 13 anni di procedimenti giudiziari, pochi giorni fa la Corte d’Assise d’Appello ha confermato le condanne per quattro alti ufficiali della marina militare per concorso in omicidio colposo. Un anno e dieci mesi all’ex comandante del veliero (Domenico La Faia) e all’allora capo di stato maggiore della Marina (Bruno Branciforte). Un anno e due mesi all’allora capo della squadra navale (Giuseppe De Giorgi) e all’ex capo di stato maggiore (Luigi Binelli Mantelli). Salvo qualche testata online locale, la notizie è passata in sordina.

Il paradosso italiano si sintetizza nel celebrare un oggetto natante dal sapore di un glorioso passato, mentre il presente affonda sotto il peso di problemi strutturali. Quali? Reparti ospedalieri che arrancano quando non crollano. Treni che vanno rilento quando non spariscono dagli orari ferroviari. Studenti fanno lezione con il cappotto in aula quando non gli crolla il soffitto in testa. Giusto per citare quelle più urgenti.

Qualcuno dirà, certamente, che in fondo non si può finanziare infrastrutture, sanità o istruzione con capitoli di spesa per la Difesa. Allora si deliberi meno soldi alla Difesa e di più ad altri dicasteri? Ma se quei soldi dovessero, in tutti i modi, essere ad appannaggio di greche e stellette, un suggerimento di come spenderli meglio ci sarebbe. Basta una parola: bonifiche. Quelle vere, non le tinteggiate di blu. In fondo, direbbe qualcuno, quel che fanno nelle aree militari è affare loro. Peccato che sia possibile solo attingendo fondi dalle voci di bilancio dello Stato. In fondo, con 50 milioni di euro, ci saremmo risparmiati un po’ di marketing di un veliero e chissà quanti servizi essenziali avremmo potuto avere in cambio.

Probabilmente sono riflessioni che si sono posti anche sindaco, deputata/vicesindaca, consiglieri regionali, ecc.ma ho qualche serio dubbio che si pongano certe priorità. D’altronde, se non è certo solo il Vespucci ad assorbire milionate di euro per il suo mantenimento. Chi ha memoria, si ricorderà, che c’è anche il Palinuro. Non chi comincia, ma quel che persevera? Per chi paga è cosa nota.

Ma non guardiamo il bicchiere mezzo vuoto. Una settimana prima dell’ingresso trionfale raccontato a tamburo battente del Vespucci non ha offuscato il silenzio della manifestazione in mare in solidarietà alla Palestina. Con pochi mezzi, c’erano quasi più imbarcazione che ad accogliere il veliero pagato dai contribuenti.


Immagine di copertina tratta da https://www.facebook.com/

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L'ultimo arrivato!

Questo bellissimo saggio ci racconta come la cultura di guerra e di morte genera gli stessi mostri in tutto il Paese: pessimismo, obbedienza, passività, senso di sconfitta, conformismo, opportunismo, clientelismo. Figli di un dio minore, vittime e colpevoli allo stesso tempo dei propri mali. Politici e rappresentanti istituzionali fotocopia. Iene e sciacalli ai banchetti delle opere pubbliche e gattopardi perché cambi tutto purché non cambi nulla.

Lo scenario che ci delinea e ci offre queste pagine che seguiranno è certamente doloroso, tragico, inquietante, ma in questo suo coraggioso e generoso atto di denuncia traspare sempre lo smisurato amore per La Spezia, per il suo Golfo, il suo Mare. Pagine e immagini che feriscono il cuore ma in cui respiriamo ancora speranza ed utopia. Che un’altra città sia davvero ancora possibile, viva, libera, aperta, felice. Un laboratorio di Pace.

Antonio Mazzeo

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