
Gaza non è su un altro pianeta
Nell’era post moderna, il rumore di fondo ci abitua a (quasi) tutto, tanto da ignorare che ciò che accade a Gaza non è su un altro pianeta. Doppi standard, o pesi diversi e diverse misure, accompagnano narrazioni giustificatrici, quando queste sono utili a giustificare che l’uomo bianco, occidentale, deve dominare il mondo. Così i profitti celano, maldestramente, finti valori di difesa del bene contro ipotetici mali, dimenticando di guardare i fatti, le successioni storiche, gli eventi. Ma non scopriamo nulla, è l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai con il torto.
Quello che accade a Gaza possiamo chiamarlo genocidio o in tutti i modi possibili. Perché a Gaza è finito tutto, tranne l’orrore e le responsabilità del “nostro” occidente sono enormi. La lista degli orrori, oltre i teatri degli orrori, appare infinita, ma con un tratto accomunante: la semplificazione, a tutti i costi. E se invece ricercassi di restare umani?
C’è una questione che dovremmo porci. Tutte e tutti quanti. Che in qualche misura, piccola o grande che sia, le guerre che mietono vittime civili lontano dalla nostra comoda quotidianità, fatta di privilegi, di lussuose preoccupazioni, partono dalle nostre case. Seppur ci sentiamo assolti, diceva quel tale, siamo pur sempre coinvolti. Non è solo una battuta per generare un effimero senso di colpa, che in un like svanirà, ma una realtà su cui prendere seriamente coscienza, per non essere complici.
Ci stiamo abituando all’orrore? Gaza non è l’unica area del mondo in cui si pratica un genocidio. Lo sterminio di popoli è in corso in molte aree del pianeta, alla frontiera tra il nord e il sud del mondo, al confine tra il suprematismo bianco ed il razzismo dell’altro. E’ in corso da decenni, nel nostro mare, nel Mediterraneo, dove l’orrore naufraga lasciando riemergere corpi esanimi. Il genocidio è in corso dove si programma una deportazione di massa, è l’anticamera di chi chiede la reimmigrazione. Gaza ne è il simbolo sanguinante ed orribile, simbolo ed annuncio di ciò che presumibilmente è la visione del mondo bianco.
Quindi rifiutare la complicità passiva, anche solo tramite il silenzio. La Spezia ha dimostrato, il 17 maggio, di essere un luogo in cui il vergognoso messaggio guerrafondaio e razzista dei neofascisti non ha terreno su cui attecchire. La questione sta tutta qui. Per combattere il fascismo, non basta rispondere alle loro parate, alle loro manifestazioni. Non basta dirsi antifascisti. Occorre rispondere alla loro ideologia e al loro linguaggio suprematista, con una spinta ed una visione umana e solidale. Manifestarlo.
Dunque l’appuntamento di quell’energia è per sabato 31 maggio, ore 15.30, quando partirà un corteo da Piazza Brin.
Restiamo uman*
contro la guerra e chi la arma.
In solidarietà al popolo palestinese, per fermare il genocidio a Gaza.
Contro la militarizzazione della società e delle coscienze.
Perché mentre continua, sempre più ferocemente, il massacro del popolo palestinese, le politiche di militarizzazione alimentano sempre di più i conflitti in tutto il pianeta. Come se non bastasse vengono imposte leggi repressive che cercano di reprimere ogni voce di dissenso. Per questo occorre scendere in piazza in solidarietà al popolo palestinese, contro le guerre e chi le arma.
Mi immagino quel soldato, che è al posto di comando del drone ucciderà anche questa notte, come se stesse vivendo una realtà virtuale, e gli omicidi punti accumulati sullo schermo di una mortifera playstation. Il governo della Striscia è tornato anche oggi a chiedere una tregua, ma la sensazione è che siamo ancora distanti dal game over di terrore e omicidi.
Vittorio Arrigoni
Gaza City, 4 aprile 2011