Le nostre responsabilità
In questo angolo di Liguria prosegue la campagna per le elezioni regionali anticipate ed il pensiero ricorre alle nostre responsabilità. Io voto, ma non basta solo votare. Dunque val la pena riflettere.
Che le elezioni regionali liguri siano state effetto di un ciclone giudiziario è cosa nota, almeno a chi non è atterrato da Marte da qualche ora. Anzi, rettifico. Le elezioni anticipate sono conseguenza di un comportamento criminale, terminato con la richiesta di patteggiamento da parte del presidente Toti, ad una condanna per corruzione. La reazione, fin dai primi vagiti di questa penosa vicenda, penosa per le istituzioni e la comunità ligure, è stata sconcertante: faceva solo politica. Garantismi, presunzioni di innocenze, complotti ed orologerie togate. Litanie trite e ritrite che, come spesso accade, cozzano con la realtà, fatta di intercettazioni impietose che raccontano di un torbido intreccio tra eletti e privilegiati, tra ricchi che potevano comprare e svenditori di pubblica dignità.
Se prima Toti faceva solo politica o se preferite emetteva regolare fattura prima di elargire atti compiacenti, ora, dopo aver patteggiato, profonde le sue energie nel presentare il suo libro, gestato agli arresti domiciliari: Confesso, ho governato. Nel mondo al contrario, nulla di nuovo. Perché se una menzogna viene ripetuta infinite volte, è noto, muta in verità. Come abbia governato per taluni, in un’impeto di relativismo, sarebbe soggettivo. La Liguria non fa certo eccezione nell’era post moderna dell’annuncio come atto politico, del marketing come essenza dell’atto politico, agli antipodi della sostanza.
Da un lato un quadro di malaffare. Un potere arrogante e prepotente che prevaricava gli interessi di molti, favorendo i profitti di pochi. Dall’altro le condizioni di una regione che ha subito un declino inesorabile. Nel concreto, della retorica del fare, c’è un territorio che produce sempre meno, i cui rapporti sociali sono sempre più iniqui, che si presenta come terra di conquista per pochi a danno di molti. Fragile, abbandonata, invecchiata.
L’onda spumeggiante del turismo abbraccia le rendite di posizione, o catastali se volete. Così la bellezza dei luoghi è l’unica carta da giocare, o da svendere se preferite, per una classe dirigente che non è in grado di pensare, in termini civili, figuriamoci in termini di visione politica, ma è spregiudicata nel profondere sorrisi, nel dipingersi a disposizione. Il neopopulismo da rivista, tuttavia, si dimentica delle questioni concrete. Dalla mobilità alla cura, dal diritti fondamentali (lavoro, salute, formazione, cultura, antifascismo) alla salvaguardia delle persone.
Non serve essere faziosi per misurare gli effetti metereologici sul territorio devastato. Il principio della protezione civile subentra al concetto di prevenzione. Il primo porta ad arruolare, il secondo a programmare. Non serve essere faziosi per fotografare lo stato della sanità pubblica. Solo alla Spezia, mentre da anni si attende un ospedale di cui hanno posato solo prime pietre, quello esistente cade a pezzi. Un reparto allagato, un soffitto crollato, un’ala inagibile, un incendio in un reparto, sono solo alcune notizie che non fanno più notizia. Ci si abitua all’inconcepibile. Gli angeli del Covid sono già in soffitta e chi lavora nella sanità ligure, in particolare in quella spezzina, le ali le ha perse da tempo, logore e lacere in un lavoro estenuante di coprire turni, rattoppare mancanze, arginare la deriva.
Non fanno più notizia i fumi dei giganti delle crociere ormeggiate a poche decine di metri dalle case, che appestano città ed intero golfo. Battono invece le agenzie i tappeti rossi negli incantevoli luoghi turistici, simbolo di uno sfruttamento elitario e privo di ogni sostanza che non sia marketing. Ci si assuefà alle orde che vengono vomitate nei carruggi delle 5 Terre. Fa meno notizia il costo del biglietto ferroviario per cittadini che lo utilizzano per andare a lavorare o studiare. Senza dimenticare le proposte speculative di luoghi meravigliosi come la Palmaria. Capri è il modello predatorio per le isole, Portofino per i borghi, anche per quelli che sono incastrati tra una discarica e un’area dell’aeronautica militare pressoché inutilizzata.
Poco importa se un’altra borgata, come Marola faccia i conti con la sua pietra tombale, basi blu. Beninteso che Marola sarà agnello sacrificale, o se preferite punta dell’iceberg, di un’operazione di militarizzazione che avrà conseguenza, in termini di sicurezza ed ambientali, per l’intero golfo. E sulla questione aree militari, c’è chi in tempi non sospetti colse la priorità del tema, ma anche in questo caso il “fare” è inteso come “lasciar fare”. Dimenticavo. Panigaglia, l’unico rigassificato on-shore della patria, raggiungibile con l’unica strada che collega la città a Portovenere. Non occorre disturbarlo. La retorica e la menzogna soffocano la legittima richiesta di sicurezza, con l’emergenza energetica. Fine del dibattito.
Qualcuno penserà che Bucci non è Toti. Tralasciamo il nesso stretto tra i due ed andiamo al pratico. Come sindaco di Genova deve essere stato male informato sui guai spezzini, ma nonostante ciò si lancia in fantasiose ricostruzioni e cruciali dichiarazioni. Ne è un esempio un tema noto. La discarica abusiva in area militare, vista mare, nota ai più come Campo in ferro, una delle perle del golfo delle nebbie.
La bonifica dell’area ex Campo in Ferro è quasi completata. Al termine dei lavori, continueremo il dialogo con il ministero della Difesa per ottenere la restituzione del sito, che è cruciale per la realizzazione di un porticciolo, ma non riveste più un ruolo strategico per la Marina. Regione non ha competenze dirette, ma vigilerà e sosterrà il Comune della Spezia nelle fasi del trasferimento e della successiva valorizzazione.
Marco Bucci
(23 ottobre 2024)
Carte alla mano, i rifiuti presenti nel Campo in ferro sono ancora tombati, nessuno li ha rimossi. Ergo, Bucci mente. Basta? No, c’è di peggio. La Regione ha competenza su Campo in ferro, eccome. Non a caso, nella conferenza dei servizi indetta dalla Marina militare, dove annunciava che avrebbe gestito direttamente la “nuova” caratterizzazione del sito inquinato, la Regione (come il comune e la provincia della Spezia) erano parte in causa. Tutte cose che un sindaco dovrebbe sapere bene. La sua ignoranza sarebbe già grave di per sè, in alternativa avrebbe mentito e sarebbe anche peggio.
Forse Bucci ignora la conferenza dei servizi citata ed il procedimento in corso che ne consegue, di cui è parte anche la Regione, e che accetta la Marina militare come soggetto che si incaricherà dell’ennesima caratterizzazione, nel silenzio dei più, e nella totale mancanza di trasparenza. O forse non la ignora affatto e mente anche su questo, perchè, non a caso, propone un progetto perr cui la caratterizzazione dei fondali cadamotti è propedeutica: un porticciolo turistico con discarica alle spalle.
Basta scomodare una “piccola” questione ed emerge un bel biglietto da visita per un candidato alla presidenza della Regione.
Data l’analisi, senza presunzione d’infallibilità, in un quadro simile mi sono chiesto quale fosse l’alternativa. Perché di fronte alla prepotenza nei confronti dei deboli (i cittadini) ed alla subordinazione nei confronti dei potenti (gli Spinelli, ecc), occorre un’alternativa. Ognuno di noi farà le proprie valutazione. Certo è che la mancanza, o se volete l’estrema debolezza dei corpi intermedi, ci pone in una situazione drammatica, nella quale ognuno matura rivoli di opinioni che, per quanto granitiche, spesso hanno effetti deboli, se non addirittura inefficaci.
Dunque parto da chi ha fatto opposizione a questo sistema, con convinzione, concretezza e costanza. Non solo puntando il dito su ciò che riteneva sbagliato, sollevando questioni che la magistratura ha poi certificato per sostanziali, ma ponendo costantemente in essere proposte. Non solo, ma facendosi portavoce di istanze, ascoltate nei territori, nelle borgate, nei quartieri. Nel mentre, l’arroganza di chi comanda, in nome del fare, ha sempre ignorato, deriso, cassato.
Parto, per esempio da chi si è esposto per evitare lo stupro di un territorio che cade a pezzi ogni volta che piove, da chi si è esposto nella lotta contro le mafie. Da chi ha sostenuto una messa in discussione della militarizzazione del golfo, cercando un dialogo per bonificare e restituire alla città ciò che la Marina militare occupa, senza servirsene. Chi è stato di grande utilità per cercare di dipanare le nebbie sul Campo in ferro, sulle mancate bonifiche e sull’eventualità drammatica che tutto rimanga così. Oppure chi da anni è impegnata nella battaglia per la tutela del territorio, in particolare per evitare il saccheggio di un patrimonio come l’isola Palmaria e con la quale si è intrapreso, e proseguito, un percorso per riprendere il tema dell’ampliamento del molo POL NATO, prendendo in carico temi di sicurezza e di tutela delle attività ittiche del golfo.
Ho mischiato le carte ma il ritratto è chiaro. Per questo li ringrazio per essersi messi a disposizione ed aver dato un’opportunità di scegliere. Roberto Centi e Giorgia Lombardi.
É noto che non ho tardato a narrare, in questi anni, le mie riserve sul Pd, sulle sue ambiguità, talvolta sulla sua inadempienza e insipienza. Partendo dalla necessità di costruire e rafforzare un’area di pensiero critico, in Liguria lo spettro di una nuova serie di sorridenti incapaci è concreto. Dunque l’ottimismo della volontà, pur mantenendo il pessimismo della ragione, mi porta a sostenere Roberto e Giorgia.
Persone cristalline, la cui attività politica non è funzionale alla propria carriera professionale, ma un momento di servizio nei confronti della loro comunità. Persone realmente disponibili ad affrontare criticamente i problemi con cui facciamo quotidianamente i conti e con le idee chiare su come costruire le battaglie affrontarli e superarli. L’ABC, direte voi, ma di questi tempi sono elementi rari. Tutto questo li qualifica come persone che non hanno taciuto il loro dissenso e la loro visione critica, anche nei confronti degli “alleati”, mantenendo un profilo di ascolto e di proposta.
Forse invecchiando ritrovo in me tratti di commozione, di nostalgia, ma nei momenti di lucidità che mi è concessa riscopro.
Le nostre responsabilità ce le assumiamo, pronti ad assumercele per fare in modo che questa crisi trovi il suo sbocco positivo e democratico nello sviluppo della società italiana. Ma, appunto perché abbiamo questa responsabilità, non possiamo raccogliere i cocci di una politica fallita, come fate voi. Sarà un errore, ma questo è il momento in cui anche voi dovete assumervi le vostre responsabilità. Noi dobbiamo conservare intatta la nostra autonomia e la nostra responsabilità per conservare capacità di lotta organizzata e di andare avanti.
on. Giorgio Amendola
(23 aprile 1969)
Riflessione compiuta, dunque che si ritorna alla partenza, alle nostre responsabilità. Perché io voto, ma non basta solo votare. Prendendo a prestito il gergo matematico, l’esercizio del voto è una condizione necessaria, ma non sufficiente. Occorrerà continuare a mobilitarsi, a portare avanti lo spirito critico nei confronti delle realtà che nuocciono alla comunità, favorendo pochi. Profondere ogni sforzo per demolire l’assioma che religiosamente ci impongono: privatizzare i profitti e socializzare i costi. Invertire l’ondata ideologica di cui siamo vittime con equità, giustizia e legalità sociale, compatibilità ambientale, partecipazione.
Beninteso che vi sono molti candidat* valide, vi sono strategie e scelte legittime. Io sono arrivato a questo percorso. Persone come Roberto e Giorgia sono già punti di riferimento di chi questo pensiero critico lo esercita e lo manifesta. Non voci isolate, ma animatori di un movimento come LeAli che da anni, alla Spezia, è ascolto, dialogo, motore di quella critica propulsiva e fucina di proposte alternative. Occorre fare, di un gesto come il voto, il primo passo di un cammino comune, critico, propositivo, alternativo al pensiero che ci vuole assoggettare agli interessi di pochi.